Alla scoperta di città e villaggi operai d’Italia

Tra la fine ‘800 ed il ventennio fascista vennero edificate nel Nord Italia delle cittadine che non erano soltanto dei dormitori per gli operai ma dei veri e propri modelli di architettura. Quattro esempi di archeologia industriale e quattro viaggi in un’Italia poco conosciuta ma carica di fascino e storia.

Villaggio Leumann, Collegno (Torino)

Un modello (liberty) di civiltà
Villaggio Leumann

Il Villaggio Leumann fu edificato tra il 1985 ed il 1907 per volere dell’imprenditore Napoleone Leumann in seguito alla costruzione a Collegno del cotonificio di sua proprietà. Leumann volle questo villaggio non solo per ospitare gli operai ma anche per fornire loro servizi (igienici ed assistenziali). Ma non soltanto: al suo interno vi erano anche una scuola, una palestra, una chiesa, una cooperativa alimentare, una stazione ferroviaria, un albergo, una mensa, un ambulatorio ed un circolo sportivo. In un’epoca in cui la maggior parte della popolazione italiana (inurbata e non) aveva un accesso a dir poco insufficienti ai servizi, il villaggio Leumann fu una città-modello. Anche architettonicamente: a disegnarla fu quello stesso Pietro Fenoglio che costruì alcuni dei più belli edifici liberty di Torino.

Cosa vedere

Passeggiando tra le vie del villaggio ad ogni passo si scorgono piccole meraviglie architettoniche: dalle villette degli operai alla “Stazionetta” del treno, dai Bagni all’Ufficio Postale, dalla Chiesa di Santa Elisabetta (una delle poche al mondo in purissimo stile Liberty) alla Scuola. Lo stile liberty che caratterizza molti degli edifici del villaggio si sposa all’architettura svizzera da chalet regalando al visitatore la sensazione di essere piombato in un mondo parallelo.

Nuovo Quartiere Operaio, Schio (Vicenza)

La Manchester d’Italia e la città ideale
quartiere operaio schio
“Schio – Fabbrica alta”
Immagine di Stefano (Flickr), Licenza https://tinyurl.com/nr626s6
Fonte: https://tinyurl.com/y3v5tsm3

La vicenda industriale di Schio è legata indissolubilmente alla famiglia Rossi e a quella del celebre Lanificio. Fu grazie ai Rossi che la cittadina veneta divenne nota come la “Manchester d’Italia”. A Schio Alessandro Rossi ebbe l’idea di una moderna città ideale, quasi un’utopia: l’urbanista-architetto Antonio Caregaro Negrin avrebbe progettato una città-giardino romantica, un paesaggio quasi idilliaco per quegli operai abituati a scenari dickensiani. Purtroppo quel progetto rimase sempre tale ed il Nuovo Quartiere Operaio nacque con un impianto più tipicamente a scacchiera. Ma non per questo la realizzazione fu meno sorprendente: non perdendo la spinta umanista, il Nuovo Quartiere Operai fornì ai lavoratori del lanificio una cittadina all’avanguardia per servizi e comodità.

Cosa vedere

Nel Nuovo Quartiere Operai (detto anche “Nuova Schio”) gli architetti scelti da Rossi costruirono tra il 1876 ed i primi anni del ‘900 la Scuola convitto di Orticoltura e Pomologia dall’architettura di stile alpino franco-tedesco con caratteristiche fasce gialle e rosse, il Teatro Civico in stile Liberty ma con una struttura portante in cemento armato (tornato in attività nel 2014), ed il Villino Giovanni Rossi situato sulla via principale del quartiere con facciata tripartita e circondato da un ampio giardino era uno splendido esempio di architettura borghese (un fascino solo parzialmente riscontrabile oggi dato lo stato di deperimento in cui lo stabile attualmente versa).

Villaggio Crespi, Crespi d’Adda (Bergamo)

L’opificio, la città ed il padrone nel suo castello
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“Crespi d’Adda”
Immagine di Edoardo Forneris, Licenza https://tinyurl.com/nr626s6
Fonte: https://tinyurl.com/y6ncwd5u

Come nel caso del Villaggio Leumann, anche questo insediamento operaio è nato dal nulla in seguito alla costruzione di una fabbrica. Cristoforo Crespi lo fondò nel 1878 ed i lavori furono affidati all’architetto Ernesto Pirovano e all’ingegnere Pietro Brunati. Il modello erano i villaggi operai inglesi, ma con un’ambizione superiore: ogni lavoratore dell’opificio ebbe una casa con orto e giardino e tutti i servizi necessari per il benessere suo e della sua famiglia. Con tanto di scuola, chiesa e casa del medico. Di fatto un vero welfare pensato ed elargito con benevolenza del padre-padrone, un capitano d’industria illuminato che regnava sul suo villaggio-feudo dall’alto del suo “castello”, l’imponente Villa Crespi.

Cosa vedere

Tra gli edifici che più meritano una visita ci sono certamente: l’imponente casa padronale Villa Crespi in stile trecentesco, la chiesa copiata perfettamente della chiesa bramantesca di S.Maria di Busto Arsizio, e le ville assegnate a dirigenti e impiegati di gusto neo-medievale che sembrano sbucare da un paesaggio alpino. Ma forse il colpo d’occhio più forte lo si ha proprio all’entrata della fabbrica: qui ciminiera, palazzine dirigenziali e cancello in ferro creano un insieme architettonico al tempo stesso piacevole, caratteristico, e perfettamente industriale.
Ma Crespi d’Adda vale una visita anche per il suo paesaggio circostante: bagnato dai fiume Adda e Brembo, il Villaggio si trova in un bassopiano triangolare circondato da acqua e verde. Orizzonti e paesaggi evocati e descritti anche nei Promessi Sposi di Manzoni.

Città-fabbrica di Torviscosa (Udine)

La città di fondazione industriale del regime
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“Old Future” (Torviscosa)
Immagine di Marco Orazi, Licenza: https://tinyurl.com/m52szwn
Fonte: https://tinyurl.com/y45akjcj

Completamente diverso lo stile architettonico e le origini della città-fabbrica di Torviscosa: che non nacque dalla mente e dalla volontà di un ricco industriale ma nacque in seguito ad un preciso disegno politico ed urbanistico (quella che si definisce una “città di fondazione”). Torviscosa venne infatti edificata tra il 1937 ed il 1942 dal regime fascista in seguito alle bonifiche del territorio circostante (ma completata soltanto negli anni ’60).
Cuore e ragion d’essere di Torviscosa è la SNIA Viscosa – fabbrica che si dedicava alla produzione di materiali tessili artificiali ricavati dalla viscosa.

Cosa vedere

Lontana anni luce dagli stili architettonici dei precedenti villaggi e città operaie, Torviscosa fu immaginata e disegnata originariamente dall’architetto Giuseppe De Min prendendo ad ispirazione i quadri di De Chirico ed utilizzando un design razionalista tipico dell’architettura mussoliniana. Tra gli edifici più memorabili e architettonicamente più interessanti segnaliamo: la fabbrica stessa con le due maestose statue di Leone Lodi simboleggianti l’Agricoltura e l’Industria, le futuristiche due torri Jensen a pianta circolare, le case per operai dette “colombaie” per la loro somiglianza con le casette per colombi, ed il mestoso piazzale Franco Marinotti (una volta Piazza dell’Autarchia) con la torre panoramica con vano-belvedere quadrangolare sulla sommità.
Sullo stesso piazzale Marinotti è presente anche l’edificio del CID – il Centro Informazione Documentazione- costruito negli anni ‘60 del secolo scorso come luogo di ricevimento. Il CID ospita mostre ed archivi interamente dedicati alla storia di Torviscosa (tra questi anche un documentario di Michelangelo Antonioni del 1948). I suoi spazi sono aperti e visitabili tra Aprile e Settembre dalle 15 alle 19.

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